Molti, troppi bambini non sanno cosa sia una gallina. Viva. Non sanno raccogliere fiori, salire sugli alberi, sdraiarsi sull’erba. Non conoscono i sapori. Immaginano che i torrenti escano dai buchi dei tubi; ignorano che i fiori, l’aria, gli animali, il pane, la terra abbiano odori. Molti, troppi bambini costruiranno il loro mondo reale o immaginario attorno all’oggetto più noto, consueto: l’automobile. Il loro paesaggio sarà la strada – proibita ai loro giochi, al loro nomadismo, alla loro necessità di “provarsi” – e l’automobile. La loro “serenità” non potrà prescindere dal clacson, dallo stridore delle gomme, dal rumore dei motori. Il silenzio – indispensabile per riflettere, perdersi nei propri sogni, riposarsi e ritrovarsi – è insopportabile....
Ignorano lo scorrere del tempo, il suo uso: sono gli adulti che glielo organizzano, riempiono, gli danno significato, lo nevrotizzano. Bambine e bambini hanno bisogno di dilatare il loro orizzonte oltre il perimetro di un cortile, una stanza, un’aula, una palestra. Devono apprendere a respirare la “libertà”, hanno bisogno di ossigenare i loro pensieri in spazi ampi, non troppo “strutturati”; hanno bisogno di conoscere con la pelle, l’odorato, la vista, il gusto, le mani, il corpo, le emozioni… Lo spazio della fattoria consente tutto questo. La “Fattoria” non è soltanto lo spazio fisico in cui bambine e bambini incontrano un mondo “vivo” in presa diretta e non rappresentazioni: vedono, sentono, annusano… scoprono le percezioni come momento fondamentale dell’apprendere, come relazione soggettiva con gli elementi di realtà incontrati. Non è soltanto, la fattoria, un possibile prolungamento della città, una estensione e trasformazione in “parco vivo e pulsante” dei parchi artificiali inventati ed arredati. La fattoria, nel suo esistere, è grande metafora dell’apprendimento, di quella dialettica tra insegnare e apprendere che caratterizza la comunicazione educativa. Dice alla scuola che prima di ogni raccolta c’è la semina, che la terra va preparata con cura – amore, passione e competenza – per ricevere il seme; che bisogna poi aspettare senza essere passivi, rinunciatari; che la fretta quasi nevrotica, l’ansia del “risultato” deve cedere il posto alla lentezza, ai tempi distesi che permettono di assaporare, vedere, sentire; che i frutti non maturano alla stessa stagione, non hanno lo stesso sapore, lo stesso profumo… Non sempre la scuola sa aspettare, sa far nascere il clima giusto per la crescita, sa far fruttare la diversità, le eccezioni, le tante facce di un’umanità complessa. La fattoria è anche un esempio vivente di complessità, di un sistema che è frutto delle relazioni tra tutti gli elementi che lo costituiscono. Esempio di ecologia, di comunicazione… Ogni elemento – le piante, i filari di vite, l’orto, le persone, i gesti, il cibo, la salute… – è in relazione con ogni altro e cambia, si modifica, diviene più ricco o più povero al cambiare di uno solo di questi elementi. È un ecosistema, la fattoria, è una metafora –analizzabile, studiabile – di ogni pratica comunicativa. E può essere un esempio di comunicazione didattica: in fattoria domina la pedagogia del fare e del far fare … c’è una spiegazione affidata, soprattutto, ai gesti, al lavoro, al movimento: e c’è un ascolto che è un “fare” per provare, per scoprire, per sentire, per tradurre gli obiettivi in procedure… La parola si fa gesto e i colori, i profumi, le percezioni si fanno significanti di se stessi. La realtà si racconta, semplicemente, esistendo, senza cercare simboli convenzionali. La “fattoria” non è il luogo per la “scampagnata”: non andateci una sola volta! Scoprite il pulsare e il crescere della vita, i “suoni” delle piante nelle diverse stagioni, la sinfonia di colori… e la gestazione, la nascita, l’esplosione della vita. E anche voi, insegnanti, andateci per apprendere o trovare conferma a ciò che già sapete e praticate. Andateci per scoprire il silenzio, la solennità rituale dei gesti, la essenzialità e verità dei sapori. Soprattutto, la lentezza, la presa a carico del soggetto in evoluzione, l’individualità, la coniugazione tra particolare e generale, elemento e globalità, l’intelligenza ineliminabile del corpo: per animare ogni viaggio di conoscenza. “
Prof. Mario Benozzo